martedì 8 gennaio 2013

socrate e la maieutica

 

Socrate nacque ad Atene dallo scultore Sofronisco e dalla levatrice Fenarete. Da giovane si distinse nella campagna di Potidea del 432, dove salvò Alcibiade durante una ritirata  e fu per breve tempo membro della bulé (il senato della città).

Nel 399 venne accusato dai concittadini di empietà, ossia di non credere agli dei e di contribuire con il suo esempio a corrompere i giovani. Dopo il processo in cui Socrate tentò un'inutile difesa, morì bevendo un recipiente di cicuta e lasciando gli allievi nel più totale sconforto.

Socrate, nonostante la sua importanza storica, non ha lasciato nulla di scritto. Tutto quello che si sa di lui si deve al lavoro del suo principale allievo, Platone, che scrisse abbondantemente sulla figura del maestro e ne fece il protagonista di gran parte delle sue opere.

Socrate si definiva il tafano di Atene, per la sua inclinazione ad entrare nei discorsi dei passanti, apparentemente assennati, e smontarli con domande fastidiose e insistenti che inevitabilmente finivano per sbriciolare ogni certezza.


. La maieutica e l'ironia

Come far uscire allo scoperto quella verità che è all'interno di ogni uomo? Socrate si definisce un ostetrico di anime (maieutica=arte dell'ostetricia, il mestiere di sua madre), ossia il suo compito non è tanto quello di insegnare la verità (del resto egli sa di non sapere), ma piuttosto quello di aiutare l'interlocutore a partorire la verità con i propri mezzi.

Socrate si prefigura quindi non come portatore di verità in sé, ma come portatore di un metodo attraverso il quale favorire il raggiungimento di tale verità (se la verità è ciò che viene portato alla luce, l'immagine del parto della verità è certamente una delle più suggestive).

In cosa consiste tale metodo? Uno stratagemma della maieutica socratica era l'ironia, ovvero egli fingeva di non sapere niente o di non capire nulla riguardo un certo argomento, per poi colpire improvvisamente con domande pungenti e più che mai sensate, ma che sembravano dettate dall'ingenuità, in modo da mettere l'interlocutore davanti ai suoi errori. Di fronte alla sicurezza derivante dall'opinione comune, Socrate opponeva il bisogno di analizzare razionalmente affermazioni affrettate e date per scontate.

Se, ad esempio, un generale affermava che il coraggio in battaglia consisteva nella resistenza indomita, Socrate notava che anche una ritirata si poteva dire coraggiosa se serviva a vincere e ad evitare inutili perdite.

Il metodo socratico si può riassumere sinteticamente nei seguenti punti:

1. Socrate individuava il problema, un'affermazione che gode del consenso derivante dal senso comune (definizione del problema)
2. A questo punto ci si deve domandare se l'affermazione, nonostante l'apparenza, si possa considerare falsa (possibilità di confutazione)
3. Se ciò accade, anche solo per un'eccezione, allora il significato dell'affermazione va corretto o arricchito (nuova formulazione)

Da questo procedimento, in cui la verità viene alla luce grazie al continuo sforzo della critica dialettica, si può evincere, nel pensiero socratico, la superiorità del pensiero razionale sull'intuizione semplice (la verità non è cosa naturale, istintiva, zen, bensì va raggiunta tramite la pratica consapevole della ragione).